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Elisabetta

Anche Verona ricorda il Vajont con l’iniziativa di Marco Paolini

By Eventi Speciali

“VajontS 23” con la S del plurale inglese a Verona il 9 ottobre alle 21.00 al Teatro Nuovo nell’ambito di un’azione corale di teatro civile che coinvolge, in contemporanea in tutta Italia, oltre cento fra teatri, spazi e altri luoghi. Il progetto nazionale è curato da Marco Paolini, e vede assieme a Verona tutte le realtà di R.S.V.P. Rete Professionisti Spettacolo per Verona. L’evento è a ingresso libero.

A sessant’anni dalla tragedia del Vajont (inserita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite tra i “disastri evitabili”9, e a trent’anni da “Il racconto del Vajont” di Marco Paolini e Gabriele Vacis, con l’intento di non dimenticare e di riflettere, va in scena “VajontS 23”, azione corale di teatro civile (da qui l’aggiunta della “s” del plurale inglese a Vajont) che il 9 ottobre, in contemporanea in tutta Italia, vedrà oltre cento fra teatri e altri spazi, proporre “racconti di acqua e di futuro”. Il progetto, curato per “La fabbrica del mondo” da Marco Paolini con la collaborazione di Marco Martinelli, è realizzato da Jolefilm in collaborazione con Fondazione Vajont.

Anche a Verona il 9 ottobre è in programma, con il patrocinio del Comune di Verona, “VajontS 23”: al Teatro Nuovo alle 21.00, a ingresso libero, messo in scena da R.S.V.P. (Rete Professionisti Spettacolo per Verona) che ha risposto subito con entusiasmo ed impegno alla proposta di questo progetto.

R.S.V.P. (formata da Arte3, Associazione Culturale Mitmacher, Babilonia Teatri, Bam! Bam! Teatro, Casa Shakespeare, ErsiliaDanza, Fondazione AIDA, Fondazione Atlantide – Teatro Stabile di Verona, Fucina Culturale Machiavelli, Ippogrifo Produzioni, Modus, Punto in movimento, Teatro Scientifico e Zebra Cultural Zoo) a poco più di un anno dalla costituzione, per quanto informale, presenta una messa in scena artistica collettiva. I professionisti del teatro e della danza veronesi hanno risposto compatti alla chiamata di Marco Paolini e per la prima volta che per la prima volta nella storia del teatro veronese collaborano alla realizzazione di una performance corale.

Il coordinamento artistico del progetto veronese “Vajonts 23” è di Alberto Rizzi e di Stefano Scherini. In scena Lorenzo Bassotto, Riccardo Caserta, Andrea Castelletti, Pino Costalunga, Andrea De Manincor, Jessica Grossule, Chiara

Mascalzoni, Sabrina Modenini, Laura Murari, Solimano Pontarollo, Valeria Raimondi, Giovanna Scardoni e Stefano Scherini. Accanto a loro il coro degli allievi dei laboratori teatrali R.S.V.P.: Fabio Barbieri, Grazia Bempensanti, Lara Berardo, Francesco Bertocco, Claudia Bolcato, Camilla Bossi, Gustavo Braga, Fabio Caccia, Elena Campedelli, Emma Cavarzere, Giada Corrà, Delia De Marc, Valeria Maddalena, Camilla Modena, Maria Piazzese, Irene Scarlata, Valeria Scarsi, Jacopo Tosi e Tiziana Viani. Della coreografa Marcella Galbusera i movimenti di scena.

E chi, della rete R.S.V.P., non ha fornito gli interpreti per “VajontS 23”, ha pensato agli aspetti tecnici, a quelli organizzativi, alla comunicazione e a tutto quello che sta dietro alla messinscena di uno spettacolo, in uno spirito di vera condivisione.

«La storia della valle del Vajont – dice Paolini – è la nostra storia oggi. Chi l’ascolta sente che si sta parlando di noi. Chi la racconta rischia di passare per Cassandra, profetessa di tragedie future. Sarebbe inutile e controproducente evocare oscure minacce, catastrofismi e apocalissi. Sarebbe altrettanto inutile narrare per indicare le colpe, per puntare il dito sulle responsabilità. Oggi dobbiamo raccontare questa storia per imparare dagli errori, per evitare di ripeterli, per riconoscere in tempo la natura e il grado dei rischi, per prevenire i disastri. È più urgente narrare gli errori che narrare le colpe: la colpa è un male comune, gli errori sono un comune denominatore del nostro agire».

Da qui “racconti di acqua e di futuro”. Racconti di acqua che, come fluido, non ha forma e prende la forma, che sia un bicchiere o il bacino di un grande lago, del contenitore. Fonte di vita, l’acqua può però diventare pericolosa se sta nel posto sbagliato o se non le permettiamo di stare o di scorrere nei posti giusti. La diga del Vajont stava nel posto sbagliato: sotto il monte Toc da sempre franoso. Ma anche le cementificazioni selvagge che continuiamo a fare costringono l’acqua a finire spesso nei posti sbagliati. Il futuro può solo sperare che tutti noi impariamo dagli errori. Quello del Vajont e quelli successivi tuttora in corso.

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