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Intervista a Tindaro Granata

Tindaro Granata arriva a Verona con Antropolaroid dopo aver girato mezza Italia. Lo spettacolo che fonda antropologia e fotografica, porterà gli spettatori in un’esperienza catartica attraverso i ricordi e la memoria fotografica.


In occasione della riapertura del teatro e dello spettacolo in scena sabato 29 maggio alla 20.00 abbiamo fatto qualche chiacchera con il suo creatore Tindaro Granata che vestirà i panni del drammaturgo del registra e dell’attore.

Ciao Tindaro, siamo molto felici di portare Antropolaroid  in Fucina, raccontaci un po’ com’è nato questo spettacolo? Come ha preso forma? Anche l’ambiente circostante ti ha influenzato nella scrittura? 

Antropolaroid è nato  11 anni fa. Io stavo facendo un lavoro con una regista che purtroppo è morta di un brutto male l’anno scorso che si chiamava Cristina Pezzoli e eravamo un gruppo di 40 persone, ci dovevamo presentare tra di noi e lei ci aveva chiesto di fare un esercizio che era quello di raccontarci di noi, dei nostri nonni, della nostra famiglia. E ognuno di noi ha fatto suo piccolo Antropolaroid di circa un quarto d’ora, dieci minuti. Io l’avevo fatto di quasi mezz’ora e già da subito avevo capito che sarebbe diventato uno spettacolo perché mi sentivo, sentivo che la la cosa più giusta che io potessi fare per raccontarmi. E  quindi è nato così.
Poi ho fatto dei concorsi, l’ho migliorato e poi ha  debuttato 8 luglio del 2011, esattamente 10 anni fa. L’ambiente in cui mi trovavo in quel periodo era Roma. Avevo lasciato la Sicilia, ero a Roma e facevo mille lavori. Quindi per me era quel sogno, un sogno, quello di far l’attore. Non ero ancora un professionista, questa cosa me la ricordo con molta con molta tenerezza.

Poi aggiungo anche che io sono felicissimo di essere nella vostra Regione in Veneto, perché provo un grande affetto, ho tantissimi amici veneti. 

Io dico sempre poi che ho un fratello Veneto,  Sergio Meggiolan del Teatro Astra. Questo lo dico perché io in Veneto ho fatto più repliche che in Sicilia. Il fatto è strano perché è uno spettacolo in dialetto siciliano. Io in Veneto mi sento accolto, siete la popolazione dove, anche se parliamo la lingua molto diversa, abbiamo delle tradizioni, degli usi molto diversi io mi sento come se fossi stato veramente tanto accolto nel senso più nobile del termine e quindi ogni volta che mi succede che posso venire in Veneto, per me è una gioia.

Tindaro Granata nello spettacolo Antropolaroid

Tindaro Granata nello spettacolo Antropolaroid

Cos’è che fonde assieme Antropologia e fotografia?

Mi piace rispondere a questa domanda, perché in questa domanda ci sta  il senso dello spettacolo. Le fonda una cosa importante: la memoria. La memoria che può essere visiva  quindi foto e antropologica, quindi racconto della storia di sé, un recupero della propria storia, quindi questo è quello che li tiene  insieme.
Lo spettacolo è uno spettacolo sul rapporto che noi abbiamo con il nostro tempo, con il nostro passato con le nostre famiglie, con i nostri ricordi. Infatti io dico sempre la definizione dello spettacolo, la data, chiaramente una spettatrice che una sera di tanti anni fa, quando noi  abbiamo fatto un incontro col pubblico, lei disse : “questo spettacolo mi è sembrato, come se mi avesse fatto aprire dei  cassetti della mia memoria dove tengo i miei nonni, gli zii , i  miei genitori giovani e io ho aperto questi cassettini, ce l’ho ritrovato nei le immagini della mia infanzia,  della mia famiglia che mi ha fatto bene per questo”. 

Qual’è la parte più bella per te, più bella da interpretare di Antropolaroid?

La parte alla quale sono molto legato e quella della della mia bisnonna. Perché me la ricordo quando ero piccolino, me la ricordo quando era vecchia. Io nello spettacolo la interpreto in diverse fasi della sua vita, la faccio quando è giovane e quando è vecchia. Me la immagino  e mi diverto a costruirmi l’immagine di com’era questa signora anziana che io avevo conosciuto.
Quindi questa è una cosa che mi piace molto e dire il personaggio che mi piace di più è una cosa molto difficile perché mi piacciono tutti. Ma se dovesse scegliere, sceglierei questa.

A chi non ha mai visto Antropolaroid cosa consigli di fare? Cosa dici?

Quindi per chi sta leggendo quest’intervista per decidere se venire a vedere o meno lo spettacolo.  Io dico che Chi verrà troverà qualche cosa di totalmente inaspettato, si penserà di andare a vedere uno spettacolo per ma si renderà conto, mentre in sala che il vero protagonista di quella serata è la persona stessa che il pubblico stesso, la persona stessa che viene. Lo spettacolo ti mette in una condizione per la quale sei tu, che fai  un percorso di memoria, catartico, con i tuoi ricordi, con la tua storia. 

Quindi io consiglio a tutti quelli che vogliono fare una cosa del genere di venire a vedere lo spettacolo.

 

(Artisticamente o nella vita) qual è il rischio più grande che hai corso?

Ahah bella questa domanda. Il rischio più grande che io ho corso è quello di non dare valore al mio lavoro.
Quindi trattarlo come se fosse qualcosa che non avesse valore, invece  fortunatamente questo rischio che ho un corso, sai per lavorare ognuno di noi ha fatto, fa di è tutto che poter lavorare, lavorare anche vita, no e tante volte per accettare lavori o per raccontare delle cose, uno mette da parte la propria vita da parte molte cose. Io ho scelto sempre il lavoro, però alcune volte c’è stato, come dire, il rischio che il lavoro stesso mi potesse imbruttire, farmi diventare una brutta persona;  o una persona che come tanti vive il proprio lavoro con frustrazione, come un tipo di cose negative e invece io questo non lo voglio fare. Non l’ho voluto fare . Quando c’è stato  il rischio che potesse accadere, grazie al cielo, poi mi sono reso conto che questo non doveva accadere, quindi ho fatto di tutto affinché non accadesse.
Infatti il mio rapporto con il lavoro adesso è come se mi servisse farmi diventare una persona migliore. Questa è la cosa più importante secondo me, perché invece spesso accade che nel proprio lavoro non si sempre rose e fiori, ci sono i momenti di caduta dei momenti in cui si sbaglia e poi a volte fai sempre gli stessi sbagli. Quindi questo è il rischio più grande.
Poi fortunatamente,  ho avuto anche la fortuna di non incorrere in questo rischio ma di sorpassarlo.

Alla luce anche dell’ultimo anno ma non solo, tu come lavoratore dello spettacolo hai mai pensato : ma chi me l’ha fatto fare? E come sei uscito da questo pensiero?

No. Però ho pensato una cosa. Questo anno ha scoperchiato un po’ il vaso di Pandora, cioè ci ha fatto capire che siamo governati da persone che non hanno saputo governarci bene, siamo gestiti da direttori che sono politici, spesso non sempre. La cultura chiaramente non è una cosa prioritaria per il popolo italiano e questa cosa è quella l’unica cosa che mi ha fatto molto male. Non che io prima credessi il contrario, ma non ne avevo le prove, invece adesso abbiamo un proprio lettore tangibili che  tutto si muove in un meccanismo che non è dell’arte e nemmeno della solidarietà. Arte è solidarietà. In quest’anno ho capito che non c’è solidarietà, quindi non c’è  arte. Poi ovviamente questo non è un discorso assoluto, perché noi oggi siamo qui a fare questa intervista perché per dimostrare il contrario.  Nel momento in cui lo dico lo sto anche  un po’ negando però la sensazione che io ho percepito è quella. 

Vi aspettiamo tutti sabato 29 maggio in Teatro per finalmente tornare a vivere il teatro assieme ! 

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Teatro ex Centro Mazziano - Via Madonna del Terraglio 10, Verona