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Buon primo maggio, lavoratori e lavoratrici dello spettacolo!!

Ma chi sono, costoro?

Piccola premessa utile. Ci piace l’idea di usare questo spazio per aprire qualche scorcio sul “dietro le quinte” di Fucina. Oggi, che è la festa dei lavoratori, vogliamo raccontarvi un’assurdità possibile che tanti teatri come noi conoscono, cioè che la cultura, pur scegliendo di non produrre profitto, possa però creare lavoro. Così che ogni volta che acquisterete un biglietto saprete cosa, anzi chi, state andando a retribuire, per davvero.

Quanto costa andare a teatro?

La media del costo di un biglietto per uno spettacolo teatrale o un concerto di Fucina è all’incirca di 10€ (9 e qualcosa iva esclusa). È una cifra risultante dall’incrocio di diverse direttrici, una su tutte l’andamento del “mercato”, cioè la media dei biglietti per eventi affini nel territorio veronese (eventi gratuiti inclusi).

Riccardo in bi

Panem et circenses

L’altra direttrice fondamentale nel fissare il prezzo di un bene è la percezione del suo valore ovvero quanto le persone pensano di essere disposte a spendere per esso, variabile che dipende da diversi fattori: la sua indispensabilità (i famosi beni di prima necessità, in evoluzione nel tempo – oggi il paniere istat contiene anche gli spettacoli! ), la sua disponibilità (l’offerta culturale veronese), la presenza o meno di surrogati o alternative (ampia gamma dal baretto al divano), la moda del momento, la quantità e qualità della sua promozione… e così via. Sono fattori solo in minima parte oggettivi, largamente altalenanti e influenzabili, che spesso non hanno nulla, ma proprio nulla, a che vedere con l’effettiva qualità e l’effettivo valore di un bene, un prodotto o un servizio. Eppure da questo “valore” non si può prescindere, soprattutto quando si parla di cultura.

 

Perfino il valore dell’oro oscilla

Ma quanto è indispensabile alla vita una suite di Bach?

Molto. Potremmo dire. Avrebbe lo stesso senso che rispondere con un numero a caso. 10. E farlo seguire da un’unità di misura a caso. 10 euro. 10 chili. 10 leghe. 10 joule. 10 anni luce. Nel caso di uno spettacolo dal vivo, si potrebbero intervistare gli spettatori che escono dalla sala, con gli occhi ancora lucidi (di emozione o di sonno): “Quanto valore dai all’ora appena trascorsa? Quanto saresti disposto a spendere per essa?”. Anche qui però, le variabili sarebbero infinite e soggettive. L’unica cosa davvero oggettiva è il lavoro impiegato per arrivare a quel breve momento di magia racchiuso tra lo spegnersi delle luci e l’applauso finale.

Ecco i 9€ del biglietto chi vanno a retribuire

Se si esclude la stoffa di cui sono fabbricati i sogni (Shakespeare, N.d.A.), la nostra unica materia prima è la materia umana. Ma chi sono e quanti, questi famigerati lavoratori dello spettacolo?

Ecco una lista non esaustiva dei lavoratori le cui bollette avete contribuito a sostenere ogni volta che avete acquistato un biglietto di Fucina, per esempio un concerto da camera come quello di ieri 30 aprile:

  • Antonio, Giulia, Francesco, Stefano sono i musicisti che avete visto sul palco, hanno studiato sommandoli tutti ben più di cinquant’anni per arrivare pronti alla performance che avete visto;
  • Pietro, il tecnico che si aggirava nel buio della sala, silenzioso e indispensabile;
  • Alice, la persona che vi ha accolto all’ingresso, per l’occasione pure barista alle colazioni, filosofa dalla rara gentilezza e poliedricità;
  • Elisabetta, che ha fatto in modo che voi veniste a sapere di quel concerto, oltre ad avere un raffinato gusto estetico e manina d’oro da illustratrice ha studiato anni e fatto un tirocinio alla Mondadori prima di approdare in Fucina, dove è assunta a tempo indeterminato ed è ormai pilastro indispensabile;
  • Jessica, trasformista che viene dalla scena per poi calarsi nei più complessi ingranaggi della macchina organizzativa, è colei che ha assunto i musicisti, i tecnici, tutti i lavoratori coinvolti, che si occuperà dell’emissione delle buste paga, del pagamento dei contributi e dei collaboratori e di molti altri aspetti, anche lei assunta a tempo indeterminato;
  • Anna, fundraiser, la chiave che vi permette di capire questo articolo ovvero come sia possibile che 10€ di biglietto sostengano il lavoro di tutte queste persone: devono essere affiancati da altri introiti, pubblici e privati, che ci permettono di tenere i biglietti ad un prezzo democratico e abbordabile;
  • Rebecca, musicista e fondatrice, che torna sempre a darci una mano nei momenti più difficili ad esempio la compilazione delle pratiche SIAE!;
  • Sara, project manager, trova tutto sommato il modo di far quadrare i conti, ma anche triangolare, cerchiare… qualsiasi figura geometrica è ben accetta, sulla strada per incrociare creatività e rigore;
  • Elia, Luca, videomaker e fotografi che vedete aggirarsi spesso nell’ombra nei nostri eventi;
  • Maria Angela, maschera, ha avuto la prima esperienza in Fucina con un’alternanza scuola-lavoro, e da allora non ha smesso di collaborare con noi a vario titolo;
  • Riccardo, coordinatore del personale di sala e ora new entry in ufficio per la distribuzione;
  • Massimiliano, programmatore che ci salva ogni volta che il nostro e-commerce si ribella…

Come dicevamo è un elenco non esaustivo, sono le persone coinvolte solo in un evento, un concerto da camera, preso a esempio. Siamo una squadra piccola (per la mole di lavoro) ma affiatata, ci trovate per la maggior parte dal lunedì al venerdì in Fucina, che si trasforma da teatro in ufficio, se verrete alle 11 ci troverete in pausa caffè, con qualche biscotto o qualche dolcetto a rovinare le diete, il telefono che squilla e i computer accesi, a chiederci consigli a vicenda e inveire contro la burocrazia e gli scioperi degli asili nido o raccontarci dell’ultimo film visto.

il team di fucina

una parte del team di fucina

Siamo in buona compagnia!

Negli ultimi anni, complici il covid e il contraccolpo subito da tutto il riparto dello spettacolo, delle luci si sono accese sui lavoratori di questa categoria, molti sono all’opera perché i loro diritti e le loro peculiarità siano riconosciuti, e qualcosa si sta muovendo (come il raggiungimento dell’indennità di discontinuità). Ma perché le riforme vengano emanate devono essere considerate necessarie, e perché qualcosa sia considerato necessario deve essere conosciuto e riconosciuto.

Per questo da oggi cercheremo di raccontarvi sempre meglio quello che facciamo, il nostro modo di fare impresa senza fare profitto, ma creando reddito e – ne siamo convinti – valore, per noi che facciamo questo lavoro e per chi mette piede nel nostro teatro. È uno scambio reciproco, di cui siamo grati ogni giorno.

 

Amiamo il nostro lavoro, perciò siamo privilegiati.

Abbiamo bisogno di vivere di questo, perciò siamo vincolati.

Non abbiamo paura della fatica, siamo una generazione maturata in mezzo alle crisi economiche.

E siamo in buona compagnia, quindi festeggiamo!

 

Buon primo maggio a tutti i lavoratori e le lavoratrici!

 

campo di papaveri

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