Descrizione
Lo spettacolo
CONCEPT.
Nel corso dell’ultimo mezzo secolo abbiamo assistito all’affermarsi di un modello socioeconomico che tende a concepire ogni esistenza in termini monetari e a fare piazza pulita degli immaginari collettivi e delle alternative sociali, sostituendosi ad entrambi.
Ne consegue un senso di frustrazione diffuso e un senso dell’umorismo poco diffuso: la nostra missione è ribaltare questo paradigma.
Roland Barthes, caricando il suo fucile, diceva: “Se gli immaginari collettivi non stanno al passo, dovremo farli stare al passo con la forza; ogni immaginario collettivo buono, è un immaginario collettivo morto”. Questa frase, che in realtà abbiamo scritto noi, è il mantra del nostro spettacolo e del nostro metodo.
Surrealismo Capitalista mette in scena un compendio di derive della società odierna, utilizzando il Capitale come correlativo oggettivo di una condizione umana sempre più superficiale e rarefatta. Viene in particolare preso in esame l’innestarsi di meccaniche neoliberiste in ambiti idealmente refrattari al culto del profitto, in particolare cultura, assistenza, relazione e realizzazione di sé. In scena: due attori e un’attrice, che fanno e dicono cose, in onore del grande Dio del Capitale.
SINOSSI E NOTE DI REGIA VARIE.
Surrealismo Capitalista è innanzitutto una ricerca drammaturgica sul concetto di rappresentazione, oltre l’accezione unicamente teatrale. La rappresentazione è il centro concettuale della scommessa di significazione del mondo occidentale. Alla base c’è l’idea arbitraria che un segno possa essere scambiato con del senso profondo, ponendo qualcosa di ideale a garantire la validità dello
scambio. Se il garante una volta poteva essere Dio, o un ideale utopistico, o un’ideologia di qualunque tipo, nella nostra interpretazione, mutuata da varie correnti di pensiero, questo garante è il capitale.
Il capitale ha sostituito i rituali religiosi e nazionalistici e si pone come punto d’arrivo e obiettivo escatologico dell’umanità.
Tenendo conto di questo analizzeremo le derive dell’attuale modello economico liberista in ambiti socioculturali. Se al centrodi tutto viene posto l’ideale superficiale della monetizzazione, si rischia di perdere in termini di profondità e ricerca di sé. In un gioco di analogie serrato e ampio, poniamo al centro del discorso il concetto di rituale, inteso come qualcosa di negativo che ti mette al riparo dallo scorrere del tempo e della storia, e ti fa sentire immutabile grazie al fattore della ripetizione, ma a costo di una enorme semplificazione della complessità della realtà, che ti porta ad escludere tutti quelli che non fanno parte della tua visione.
E quale rituale possiamo mettere innanzitutto in discussione col nostro formato teatrale? Naturalmente il rituale della scena stessa, dove il concetto di rituale si sovrappone alla rappresentazione.
Secondo noi il teatro contemporaneo non si è ancora svincolato completamente dal concetto di rappresentazione. Solo riuscendoci potrà focalizzarsi sul concetto totalizzante di presenza. Ora siamo nel cosiddetto “limbo della presentazione”. Nostro sogno segreto metodologico è mettere la nostra tacca sul percorso di conquista di una presenza performativa totalizzante, priva di autobiografismo, di interpretazione e di performatività. Per questo tutto il resto sarà tolto e tutto avrà un sapore di non finito, come se il discorso venisse organizzato direttamente in scena, come se il processo di creazione artistica si svolgesse lì per lì. Surrealismo Capitalista, concepito secondo le regole del nostro Metodo Presidiante, procede per analogie surrealiste attraverso quadri privi di una vera continuità narrativa.
Gli attori, lontanissimi dall’estetica del personaggio e, insieme, dall’autobiografismo malsano dei nostri tempi, ma costantemente vicini a questi modelli di ostentazione in chiave parodica, cavalcano situazioni che si succedono con ritmo vorticoso su una scena vuota e invariabile, utilizziamo solo un piazzato fisso sempre acceso e due microfoni, mentre non sono previste musiche, scenografie o costumi.
Ogni aspetto dello spettacolo è multilivello e non spiegato. La scena vuota, per esempio, si può interpretare in molti modi, e certamente non tutti sono validi, eccone alcuni a esempio:
– Ribaltamento dell’aspettativa immaginativa: la scena non indirizza e non anticipa nulla di quello che può accadere (non è gimmick).
– Ribaltamento dell’aspettativa capitalistica: la scena non suggerisce interpretazioni inficiate da ipotesi di costi effettivi dei materiali o dei costumi.
– Citazione: riferimento ideale alla scena vuota dei grandi maestri di un teatro degli anni ’70 che purtroppo (o per fortuna) non è mai diventato egemone (in particolare per opporci al “teatro mortale”, come lo definiva Brook).
– Asservimento e rinuncia: la scena è asservita all’anarchia interna dello spettacolo, e semplicemente rinucia a stare dietro ai continui cambiamenti di situazione proposti.
La ricerca teorica parte dal post-strutturalismo, passa per Baudrillard, arriva a Mark Fisher (cui ci siamo ispirati simpaticamente per il titolo) e a diversi altri, e viene infine restituita in scena sotto forma di pura frammentazione. Il modello scenico di Surrealismo Capitalista si ciba di stilemi rubati, manipolati e rimescolati arbitrariamente con le nostre innovazioni metodologiche.
Crediti
Ricerca, drammatugia e regia: Antonio “Tony” Baladam
Con: Nina Lanzi, Giacomo Tamburini, Antonio “Tony” Baladam
Link video ai 20 minuti della finale del Premio Scenario 2021 (versione per due attori e un’attrice)